ANNAPURNA: STORIA BREVE DI TREKKING LUNGO FATTO VELOCE (PARTE 4/4)

ANNAPURNA: STORIA BREVE DI TREKKING LUNGO FATTO VELOCE (PARTE 4/4)

Day 6 – Tatopani - Naypaul 35 km 2000 d+

Day6bis – Chame – Baudanda 45 km 800 d+

“Ho dimenticato di stoppare il GPS, possiamo rifarlo?”

Roberto prima di subire un tentativo di omicidio

Quando si fa una gara c’è un traguardo, e, sia prima che durante, l’attenzione è tutta su quella linea finale. “Focalizza il risultato”. Quanto manca? Ce la devo fare! Resisti. Puoi farcela.

Una prova di resistenza di più giorni, come questo trekking, richiede una prospettiva più complessa del “arrivare alla fine”. Certo, una bella fetta di motivazione si basa sul completamento della prova, ma allo stesso tempo questa ossessione prestativa è vissuta con il senso di colpa di chi è consapevole che sta vivendo posti, situazioni e persone speciali, che dopo il ritorno alla routine abituale, svaniranno in una nebbia nostalgica di ricordi.

L’ultimo giorno è il momento in cui questa contraddizione è più forte. “Dai, ce l’abbiamo quasi fatta!” contrapposto a “Sta per finire già tutto questo”

Roberto e Alessio partono baldanzosi, hanno 2000 metri di dislivello da fare per tornare, tramite gradoni in foresta tropicale, oltre i 3000 metri di quota. Hanno l’adrenalina addosso per aver superato una sfida per cui non si sentivano pronti. Alessio è un po’ svuotato, sente che il suo progetto è quasi in porto e la carica dello stress oggi ha preso un giorno di vacanza.

Fa finalmente caldo. Sono tornati a vestirsi in maglietta e pantaloncini e non battere i denti ad ogni sosta. Roby smette di dare motivazioni ai compagni e accelera senza motivo. Michele ne segue l’ombra. Alessio impreca e chiede soste cibo. È ora di pranzo quando scollinano ai 2832 m di Ghorepani. L’ultima vera asperità.

Annapurna Circuit Trek

È un primo assaggio di ritorno alla civiltà. Anche fuori stagione abbondano turisti e villaggi. Sono bastati cinque giorni per rendere questa situazione anomala e scomoda. Mancherà tanto tutto questo.

La discesa prosegue lenta quanto la salita. Dopo 220 km il fattore cineticamente determinante è la cartilagine delle articolazioni e le paure di storte ad anche, caviglie, ginocchia e qualsiasi altra cosa sia un po’ stufa da tutto questo correre/camminare.

Al tramonto di uno dei primi lunedì dell’anno, dopo aver salutato gli ultimi gradoni scoscesi, l’ultimo ponte tibetano e le ultime cime belle belle, i tre reduci del gruppo Annapurna raggiungono emozionati e sfatti un anonimo baracchino. È l’ultimo punto di controllo del Trekking. Un timbro sui permessi comprati a Kathmandu sette giorni prima e una esclamazione commossa:

“Ce l’abbiamo fatta in sei giorni!”

Chiamano Francesco e Camilla. Raccontano aneddoti e riferimenti che posso far ridere solo loro cinque. Battute e leggerezza. Dall’altra parte arrivano commenti analoghi. Anche Francesco e Camilla sono arrivati in fondo alla valle dall’altra parte vincendo le influenze e godendosi il trekking ad un ritmo forzatamente più lento. È fatta per tutti. E ora non vedono l’ora di ritrovarsi per raccontarsi a vicenda tutto l’accaduto. Perché il 75% di un viaggio consiste nel fracassare le scatole altrui di racconti entusiasti.

RITORNO ALLA NORMALITÀ

È un lungo processo quello che li riporta ad un mondo più reale, ma meno vero.

C’è un viaggio eterno tra auto e aereo perché fare 160 km in Nepal è un’avventura. C’è la prima doccia calda e i primi vestiti puliti.

C’è l’imbarazzo di rivedere le stesse persone di due secondi prima ma lavate e per questo non riconoscerle.

C’è il momento di panico aprendo le mail dopo 8 giorni di irreperibilità.

C’è la seconda doccia calda perché la prima era troppo emozionate e non se la sono goduta.

C’è la cena assieme dove si ordina tutto l’ordinabile che non sia riso.

C’è una birra al bar per raccontarsi tutto tutto tutto rendendosi conto che dopo sei giorni di trekking e disidratazione basta un quarto di birra in lattina per sentirsi ampiamente ubriachi.

C’è il post su facebook/instagram/Focus junior in cui ci si vanta con il mondo per aver fatto una cosa così figa.

C’è la sveglia alle 4 di mattina per prendere il volo perché la pianificazione vive sempre di esagerato ottimismo.

C’è la colazione dell’hotel preparata con più serietà dello zaino pre-trekking.

C’è un altro viaggio di dodici ore dove guardare film a bordo sull’Himalaya.

C’è l’atterraggio e la richiesta al primo tassista della pizzeria più vicina.

C’è il jet-lag e lo shock per una temperatura completamente diversa. Per una volta gennaio a casa sembra caldo. Soprattutto in casa.

C’è la routine che ricomincia e il tempo che torna a scorrere veloce. Ma è tutto senza gusto, senza sapore, senza significato. La produttività è nulla.

Ci sono tanti sospiri pensando ai monti belli.

C’è già la voglia di rifare un’esperienza del genere.

Chissà quale sarà la prossima.

Nepal - Annapurna Circuit Trek