16 novembre 2023, a cura di Francesco Rigodanza
Questo articolo parla di zucchero, di tanto zucchero.
Perché, se c’è una cosa certa nello sport di endurance, è che per andare forte per tante ore, ai nostri muscoli serve benzina, e la miglior benzina è lo zucchero. O i carboidrati, che sono la stessa cosa ma hanno un nome che suona meglio. Se si punta alla performance serve zucchero e tanto.
Sì ma quale? Quanto? Come? Maltodestrine? Gel? Pane e nutella? Glucosio? Miele? Banane?
Ecco, questo invece è cambiato tanto negli ultimi anni. C’è un po’ di confusione, come spesso accade quando un settore scientifico progredisce velocemente e non fa in tempo a comunicare le proprie idee al pubblico in modo univoco. Quindi occorre fare un attimo di storia di endurance fueling per capire le affermazioni di campioni sportivi come Mattehi Morijc dopo la sua ultima vittoria al mondiale Gravel 2023 “Ho mangiato 120 grammi all’ora di carboidrati”.
Occorre dare un senso a questi numeri. Perché 120 grammi sono tanti.
Il primo gel
Tutto inizia ben prima degli anni ‘90, gli atleti hanno ancora poca conoscenza di nutrizione sportiva, è ritenuto poco importante; secondario all’allenamento. Quindi, ci si basa su panini con la marmellata e altri cibi più caserecci alimentandosi a sensazione. E le mitiche banane. I ricercatori sanno che agli atleti servono 30-60 grammi di carboidrati per ora. E si decide che questi grammi siano composti da glucosio.
Il glucosio? Gli zuccheri si differenziano per la dimensione e la complessità. Glucosio e Fruttosio sono zuccheri semplici, quindi a più facile assorbimento (visto che l’intestino deve fare poco o niente lavoro); il Saccarosio (o zucchero normale) è un pelo più complesso, maltodestrine o amido più lunghi e difficili da digerire.
“E il picco glicemico?” Il primo pensiero che si fa all’ingestione di 30-60 grammi di glucosio è che questo possa provocare un assorbimento molto rapido risultando in un picco glicemico in grado di dare ulteriore stress all’organismo, oltre a un utilizzo dell’energia appena assunta troppo rapido. E con questa idea negli anni 90, invece del glucosio semplice, si preferisce utilizzare le maltodestrine, che altro non sono che piccoli polimeri di glucosio ottenuti durante la lavorazione dell’amido.
Il primo “energy gel” nasce nel 1986. Si chiama “Leppin Squeezy”. E di lì a pochi anni gel di tutti i tipi entrano a far parte della performance e della nausea degli atleti.
E fino a pochissimi anni fa i gel ancora assomigliavano al Leppin Squezzy del 1986, circa 20-30 g di maltodestrine mischiati a qualche aroma e un po’ di addensante.
La svolta dei 90 grammi
Una volta che il mondo sportivo ha accettato che i muscoli hanno bisogno di bruciare tanta energia e non banane, la ricerca prosegue nel tentativo di ottimizzare il più possibile la performance alzando i livelli di carboidrati assimilabili. Si comincia a considerare oltre al glucosio anche il fruttosio; un altro tipo di carboidrato, che nelle pareti dell’intestino sembra avere un assorbimento slegato da quello del glucosio. Risulta che il giusto mix permetterebbe di far assorbire ancora più carboidrati: ci si sposta dai 30-60 gr ai 90 gr. E per arrivare a questo quantitativo i primi prodotti moderni usano un mix arbitrario di glucosio (come maltodestrine)/fruttosio 2:1, ossia su 30 grammi di gel, 20 g sono maltodestrine, 10 g sono fruttosio.
Ad essere più pignoli l’assorbimento del glucosio è intorno ai 60 gr / ora. Il fruttosio 50 gr / ora. Le due molecole pesano esattamente uguali. Il rapporto è 1 a 0.8.
A questo punto dovrebbe essere chiaro il perché il mix ottimale è 1:0.8 di glucosio/fruttosio. Numeri che questo sport ha iniziato a sentire.
E il picco glicemico? Il picco glicemico la scienza lo ha trascurato una volta che è si è notato come il nostro corpo, a volte, non sia così stupido e sotto sforzo intenso si regola da solo in modo da usare al meglio ogni molecola di zucchero possibile. Risultato: il picco glicemico mentre si fa sport di endurance non esiste.
Però tra usare maltodestrine o glucosio non c'è una grande differenza, anche in termine di costo, e quindi per tradizione le maltodestrine vanno ancora per la maggiore come ingredienti dei gel.
O troppo o troppo poco
Mancano solo i 120 g. Siamo ancora a 90 g. Che per ora rimane la quantità più validata. Che vuol dire che nelle ricerche effettuate si va a controllare che tutti gli atomi di carbonio ingeriti a 90 g di zucchero/h siano poi emessi come anidride carbonica (la C in CO2) respirando. Fino a 90 g il corpo usa tutto e quindi questo permette di massimizzare lo sforzo riducendo la percezione di fatica e stanchezza. Oltre questa quantità c’è il rischio che i carboidrati in più si accumulino nell’intestino, non in grado di utilizzare quella quantità, generando poi tutta una serie di problematiche gastrointestinali familiari a molti atleti.
È il 2020, e, vista la penuria di gare causa COVID, degli scienziati spagnoli, guidati da Aitor Viribay, ora nutrizionista della squadra World Tour Ineos Granadier e di Kilian Jornet, due nomi significativi, organizzano una gara di corsa in montagna di 42 km con atleti di livello internazionale (nello studio vengono menzionati due campioni del mondo) dividendoli in tre gruppi in base al consumo di zucchero per ora:
Gruppo 1: 60 g/h
Gruppo2: 90 g/h
Gruppo3: 120g/h
Studiando i parametri di stress muscolare, i ricercatori scoprono che il gruppo 3 riporta parametri nettamente più bassi degli altri due, il tutto supportato anche da una minore percezione della fatica. Quindi non solo con più carboidrati si migliora la performance ma anche, e di molto, il recupero.
Dati molto interessanti, ma troppo isolati e pubblicati in una rivista di minore importanza scientifica. Il passaparola tra atleti e nutrizionisti, però, è più forte e anarchico della comunicazione accademica, così piano piano questi famosi “120 g/h” arrivano nel mondo del ciclismo e del trail running rivoluzionando negli ultimi anni prestazioni (si veda medie nelle gare di bici o record negli UltraTrail) forzando anche le aziende di integratori ad aggiornare i gel con diversi e maggiori quantitativi di carboidrati, facendo a gara a chi ha la composizione migliore.
120 g/h. È il numero e lo slogan che adesso attira l’attenzione ma, sperando di aver convinto chi legge al perché si è arrivati a questo numero, rimangono alcune note da fare a tutto questo mondo zuccheroso:
- È importante quanto si mangia durante, ma lo è ancora di più cosa si mangia prima e dopo e di questo se ne parla invece molto meno visto che è un prodotto meno vendibile. Comunque sarebbero sempre zuccheri.
- 90 g/h è il dato con più valore scientifico. Sui 120 g/h la ricerca è ancora “in progress” ed i tentativi li fanno soprattutto gli atleti élite.
- L’assorbimento dei carboidrati è una cosa che richiede un po’ di allenamento, non si può passare da o a 120 in un giorno, ma è vero che questo allenamento non vale per sempre.Anche “training the gut” allenare l’intestino ad assimilare sempre più zucchero è uno slogan facilone non sempre valido.
Ma come si fa a mangiare 90-120 g di zucchero all’ora? Questo nella prossima puntata.
Per approfondimenti:
“New Horizons in Carbohydrate Research and Application for Endurance Athletes”, Sports Medicine, 2022, T. Podlogar et al., https://link.springer.com/article/10.1007/s40279-022-01757-1”
“Contemporary Nutrition Strategies to Optimize Performance in Distance Runners and Race Walkers, International Journal of Sport Nutrition and Exercise Metabolism, 2019, AE Jeukendrup, https://journals.humankinetics.com/view/journals/ijsnem/29/2/article-p117.xml?ref=blog.supersapiens.com”
“Relationship of Carbohydrate Intake during a Single-Stage One-Day Ultra-Trail Race with Fatigue Outcomes and Gastrointestinal Problems: A Systematic Review, nt. J. Environ. Res. Public Health 2021, Aitor Viribay et al., https://doi.org/10.3390/ijerph18115737”
© photo: Camilla Pizzini, Luca Matassoni