11 settembre 2023, A cura di Francesco Rigodanza
Alessio ti sta chiamando…
“No!”
“Hey!”
“Scordatelo!”
“Non venire a Champex-Lac. Io mi fermo!”
“Non esiste. Io ho proprio la necessità di pagare 50 euro di roaming in Svizzera. Muoviti!”
“Sto male”
“Ah perché pensavi che a correre 170 km ti saresti sentito bene? Dai! Dove sei ora?
“Sono sotto il Col Ferret, ma ho le gambe bloccate, io torno indietro”
“Ma non ci provare nemmeno! Hai tutto il tempo del mondo per mettere un passetto dietro l’altro e andare avanti.”
“Ma sto malissimo!!” Argh, Ahia….” Suoni di finto lamento in sottofondo
“Ottimo. Se stai davvero male puoi solo stare meglio e se stai davvero troppo male allora ti fanno ritirare loro”
“Vabbeh. Vediamo…”
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Silenzio. Lo so cosa sta succedendo perché è già successo. Alessio sa cosa sta succedendo perché è già successo. Come un anno fa. Esattamente nella stessa gara, nello stesso posto. Sa che sta tutto per finire.
Per dieci ore è andato tutto bene. Stava correndo UTMB. La gara che tanto voleva. Correre tanto e basta. Eppure, poco fa qualcosa è cambiato. Le gambe bloccate. La fatica meno sopportabile. Gli abbondanti tarli nella testa suggeriscono idee poco costruttive. Ha provato a chiamare tutti gli amici che aveva a disposizione per cercare un appoggio alla sua idea più triste, quella del ritiro, ma nessuno lo ha assecondato. Piccoli calci in culo motivanti.
Prosegue.
“Provaci ancora!” “Puoi solo proseguire” “Bravo Alessio!” “Mangia, cammina e a piccoli passi!” “Ehi sono in cima”
È convinto
“Eh ma mancano altri 70 km!” “mi sento in colpa a camminare in discesa” “Bravo scemo!”
Meno convinto
“Sì ma io ho male” “Non ce la faccio!”
Per niente convinto. No, lo sa già. In fondo a quella discesa, là in mezzo a quelle casette immerse in quei prati troppo finti per essere veri dovrà fermarsi e dire con un filo di voce, quella che suona soffocata da un po’ di vergogna, “I drop!”. “Mi ritiro”.
Ha un po’ di male alle gambe mentre prosegue. “Ahia. Argh.” Non è vero. Non sono le gambe. È il dolore di una gara che non sta andando come l’aveva sognata e pianificata. E siccome l’aveva sognata e pianificata per un anno intero fa un po’ male. “Ahia!”
Basta arrivare là. Quella casetta bella in legno a inizio vallata, La Fouly. E poi tutto sarà finito. Deve solo andare da un volontario, comunicare il ritiro e questo maledetto UTMB sarà finito.
Da Col Ferret a La Fouly sono 10 km di discesa. Teoricamente bellissimi, ora un’eternità. Una lenta marcia depressa tormentata dai peggiori pensieri che una mente sfiancata da dodici ore di corsa non può più arginare.
“Perché?”
“Cosa ho sbagliato stavolta?” “Sono solo tante chiacchiere” “Non fa per me” “Quanti sacrifici buttati all’aria…” “E invece sono qua da solo…” “Sei sempre uguale all’anno scorso” “Ero qui per divertirmi” “Non meriti nulla!”
Sono dieci chilometri lentissimi. Infiniti. E mentre gli altri atleti lo passano lui non riesce a essere gentile con sé stesso. Uno dei momenti chiave di un ritiro è convincersi di fare schifo per giustificare quella scelta così difficile. Magari non lo si pensa neanche davvero ma in quel momento preciso serve che sia così.
Alessio ti sta chiamando…
“No!”
“Hey!”
“Mi sono già ritirato!”
“Come va?”
“Una merda”
“Cerca di tornare in qualche modo. A dopo”
È una bugia. Non si è ritirato davvero. Ma ha deciso e non tornerà indietro. Alla faccia di quegli amici stronzi che ora non lo comprendono.
Si ferma. Sorpassato da persone incuranti e indifferenti. Loro non li sentono quei pensieri. Ne troveranno tanti di “arresi”. Alessio è solo uno dei tanti che non ce la faranno. Un futuro DNF.
C’è una bellissima alba, un bellissimo sentiero con dei bellissimi monti.
Che schifo.
Era un sogno. Il suo sogno.
Alessio ha fatto del suo meglio per arrivare ad UTMB ma il suo meglio non era il meglio giusto ed ora è solo un omino di carne a bordo sentiero. Porta con sé tanti perché in cerca di senso che urlano fortissimo.
Fermo. Immobile.
“Come ti permetti?” “Davvero non puoi sbagliare?”
“Eh?…”
“Dai che se vuoi un giorno la finirai” “Accettalo” “Mica vuoi solo arrivare al traguardo da finisher no?” “è per questo che stai male, perché con una medaglia con su scritto - Ho fatto 100 miglia - non saresti soddisfatto lo stesso, che alla fine poi la vorresti fare come sai di essere capace! È per quello che ci stai male ora, ma sii gentile con te stesso, prenditi un po’ di tempo per te e torna a fare quello che ti piace!”
Riparte. Ancora pochi metri. Pochi minuti. Base vita. Qualche smorfia per giustificare il dolore. Qualche battuta.
“Ahia. I drop!”
Anche questa volta è andata. Il secondo anno di fila. Un altro ritiro a UTMB. Un altro ritiro a 55 km dal traguardo.
Dice che è diverso dall’anno scorso. Che lui è diverso dall’anno scorso.
E che cavolo, a UTMB tornerà e correrà come pensa di essere capace.
© photo: Francesco Zigliotto